La coalizione governativa Pd+Pdl+Udc sembrava inizialmente un mostro a tre teste di tipo mitologico; più che un coerente progetto politico, una “coalizione per l'Italia, di volenterosi, creatasi casualmente per non fare affondare il Paese”, come essi stessi amano definirsi, ma non è così. Sgombrando il nostro lobo frontale dalla coltre fumogena di sciocchezze ripetute da tutti i quotidiani e tv scopriamo che la triade di cui sopra sostiene il governo Monti, cioè il governo dei tecnici, cioè il neoliberismo fattosi incarnazione politica, per ben altri motivi che non la salvezza del Paese.
In realtà le basi della coalizione Pd+Pdl+Udc sono più profonde e affatto passeggere, tutte di visione economica più che di matrice ideologico – politica. I tre partiti sopra citati infatti sono dei miscugli di altre precedenti esperienze politiche di lungo corso, ma tutt'e tre hanno in comune l'idea focale della totale sottomissione della società alla politica e della politica all'economia di mercato senza regole ne regolatori. E' il neoliberismo il collante ultime di queste tre organizzazioni politiche così diverse tra loro, e per quanto riguarda l'economia, così simili. Il neoliberismo è quella dottrina politica importata dagli Usa che vede lo Stato come materasso su cui far ricadere i costi di un totale annientamento del welfare state (o stato sociale), progressivo e indiscriminato potere a banche d'affari e finanza, Istituzioni svuotate delle loro prerogative democratiche ma che auto mantengono se stesse come posti di potere e di distribuzione di soldi pubblici a clientele e a multinazionali.
Se si comincia infatti, a considerare in questo modo, cioè dal punto di vista dell'orientamento economico Pd+Pdl+Udc, si può facilmente intuire come sia possibile che Monti o non Monti, i tre segretari auspichino future collaborazioni e chissà magari anche una coalizione governativa post elezioni, chiamata ironicamente “per le riforme”, ovvero per eliminare quanto più possibile lo stato sociale rimasto, ridurre pensioni, ridurre ruolo dello Stato nel sostegno alle famiglie, ai bisognosi, ai giovani, ai precari. Proprio nell'ambito della precarizzazione del lavoro e della scuola pubblica, la coalizione tripartitica governativa sembra essere un sol uomo, anzi un sol partito unico. Che governasse “la sinistra” o “la destra”, dominus dei governi degli ultimi 25 anni sono le segreterie dei tre pariti oggi al governo tramite Monti.
I tre partiti hanno perciò imposto alle loro coalizioni le loro ricette economiche, con buona pace di una sinistra, reale e sociale, che non ha trovato nei meccanismi governativi, adeguata importanza, ne ascolto nella propria coalizione. Ecco spiegate la privatizzazione dei beni e delle società pubbliche, partecipate da azionisti pubblici, magari, ma tramutate in Spa, cioè obbligate dal diritto privato e dal diritto societario a fare profitto, più che investimento in infrastrutture. Ecco spiegato ugualmente la precarietà o flessibilità - come alcuni facce di bronzo osano ancora chiamarla – inaugurata da un governo di sinistra, promossa dai governi Berlusconi, sostanzialmente mantenuta invariata dall'ultimo governo sostenuto da una coalizione progressista.
Alla popolazione che non vuole la privatizzazione dei beni pubblici e delle infrastrutture costruite con i soldi di tutti, che non vuole i privilegi e che vorrebbe far pagare la crisi a chi l'ha generata, cioè alla finanza internazionale e magari vorrebbe mantenere o ampliare il welfare state, non resta che una sola cosa da fare. Guardare altrove. Magari di nuovo a sinistra.
Ma per poter guardare altrove sono necessari cervelli sgombri da sentimenti di rabbia, frustrazione, ira, furbizia eccetera. Pare quasi impossibile, eppure è necessario, per scampare al disastro incombente. Eppure le alternative alla coazione tripartitica sopra descritta non appaiono gradite. Non serve guardare i sondaggi per capire come la popolazione si lamenti ma non faccia niente, nelle intenzioni di voto, per cambiare democraticamente il proprio destino, ormai scritto. In pochissimi sembrano propensi a dare ancora fiato e forza a un alternativa di sinistra, l'unica che ha nel proprio dna politico tutte le rivendicazioni che i referendum e le lotte dei lavoratori di questi ultimi anni si sono fatti carico.
Ma anche a sinistra ci sono importanti e vere novità. Fermare la trattativa separata Cils +Uil +Ugl +Confindustria + governo Monti (Pd+Pdl+Udc) sul contratto nazionale di lavoro e raggiungere un accordo sul lavoro, sono gli argomenti e le lotte care alla federazione della Fiom. Gianni Rinaldini le ha rilanciate a un interlocutore politico inconsueto, ma dalla grande e provata forza organizzativa: Idv. Gli associati Fiom in compenso sosterranno l'ultima proposta referendaria del partito di Tonino. Ma andiamo con ordine. Sono passati 4 giorni da quando in prima pagina il Manifesto dava notizia di quella che potrebbe essere una futura nuova coalizione politica che potrebbe ridare dignità al lavoro e una prospettiva al nostro presente e che può forse avere anche qualche chances elettorale, malgrado i pronostici.
L'editoriale di Loris Campetti allude alla lettera redatta e pubblicata dal quotidiano comunista a opera di Antonio Di Pietro e Maurizio Zippoli dal titolo evocativo “In difesa dei diritti negati”. La lettera informa che il partito di Di Pietro, l'Idv, ha depositato presso la Corte Costituzionale in data 1 agosto quattro quesiti referendari, di cui due riguardanti per l'abolizione di parte della riforma del lavoro Fornero dove questa ha modificato l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori nell'ambito della modifica apportata alla legislazione sui contratti che mette in secondo piano il contratto nazionale di lavoro (Art 8 Statuto lavoratori). Il “gesto di generosità e apertura nei confronti di quelle forze politiche e sociale che hanno combattuto ieri il governo Belusconi-Lega e oggi le scelte del governo Monti” è stato raccolto.
“La traversata del deserto” di Idv è partita da lontano, per abbracciare la sinistra extraparlamentare di Rifondazione, ma non solo (esclusa Sel che pare convinta dall'alleanza con il Pd), e che ha giù visto notevoli fatti concreti a livello locale. Una coalizione simile ha vinto a Napoli e De Magistris ne è uno dei più convinti sostenitori interni.
Qualcosa bolle in pentola, non è certo però il risultato dell'impasto, anzi si tratta di azzardo bello e buono: mettere assieme Prc, il nuovo soggetto Alba, Idv, i sindaci delle grandi città e le istanze dei referendari non è facile. Gli ingredienti sono quelli vecchi - qualcuno dirà – della sinistra extraparlamentare e dei sindacati e alle federazioni sindacali non allineate o disobbedienti, come la Fiom. Insomma i soliti noti. Non che altrove ci sia qualcosa di nuovo e credibile.
“It's the economy stupid!” è un vecchio motto americano, che significa che ciò che conta realmente, al di là di tutte le costruzioni politiche è l'economia, cioè i soldi in tasca. Il fatto che la politica partitica in Italia stia cercando ultimamente di definire il campo della propria azione politica anche e soprattutto tramite la lente dell'economia è per me salutare.
E' stato così per tutta la prima repubblica, da una parte chi stava con il consumo, con il capitalismo, dall'altra chi stava con l'economia sociale. Oggi con le dovute differenze e con oltre 20 anni di differenza e senza più un muro a giustificare un anticomunismo viscerale; avremo ritrovato una situazione simile. Da una parte una sinistra che non ha più nulla di se stessa, con un Pd trasfigurato, quello che sostiene il neoliberismo alla Monti, e una destra tradizionale che del neoliberismo e dello sfruttamento dei più deboli fa uno dei suoi collanti interni. Dall'altra parte sta finalmente nascendo qualcos'altro, di cui, anche se non ce ne accorgiamo abbiamo bisogno come l'aria di cui respiriamo. Al di là delle sigle partitiche, la società civile ha bisogno di qualcuno che rappresenti le istanze espresse dala società civile negli ultimi 2 anni, il senso profondo dei referendum vinti dalla gente ma non ancora attuati. La maggioranza assoluta non vuole la privatizzazione dei beni pubblici propugnata da Monti e dal Pdl in modo esplicito, dal Pd e dall'Udc e Fil in modo meno esplicito.
La sinistra extraparlamentare e Idv, con il supporto di Fiom sembrano pensare di proporre in un prossimo futuro, una forza, un insieme di forze, che rappresentino queste istanze, solo il tempo dirà se gli italiani crederanno a questa proposta politica, o se ancora una volta si tureranno il naso e voteranno chi la pensa in modo molto diverso da loro per quanto riguarda protezione del posto di lavoro, diritti, precarietà, beni comuni, acqua, rifiuti, matrimonio gay eccetera.