L'esito era scontato. Gustavo Zagrebelsky (che non è certo accusabile di giustizialismo) lo aveva annunciato il 17 agosto su Repubblica: «Nel momento stesso in cui il ricorso è stato proposto, è stato anche già vinto. Non è una contesa ad armi pari, ma, di fatto, la richiesta d'una alleanza in vista d'una sentenza schiacciante»
Speriamo che ora il processo possa proseguire nonostante altri, prevedibili, tentativi di sabotaggio. Perché, come ha detto il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso: «la verità va cercata, anche a costo di avere un'immagine negativa in Italia e nel mondo. Dobbiamo conoscere la verità e lottare per averla. Non solo la mafia aveva interesse a eliminare Giovanni Falcone. Lui voleva tagliare le relazioni tra la mafia e gli altri poteri. E su questo le indagini sono ancora attuali»
Lo stesso Presidente della Repubblica lo ha più volte ribadito:
Insomma, ora ciò che conta è non perdere di vista l'oggetto del processo in corso a Palermo: la ricerca della verità (e delle responsabilità) sulle origini criminose della "Seconda Repubblica". Perché, come dice Salvatore Sechi, consulente della commissione parlamentare antimafia, «di sicuro c’è stata più di una trattativa fra Cosa Nostra e lo Stato»
Pretendere verità e giustizia sulle stragi del 1992/93 - e su tutte le altre stragi che, dal 1947 in poi, hanno segnato il cammino della nostra debolissima democrazia - era e rimane un dovere imprescindibile di ogni cittadino/a consapevole e responsabile. A prescindere dallo spread. Un dovere pari a quello di contrastare le mafie presenti (e ormai radicate) in Emilia-Romagna, in Lombardia e in tutto il nord Italia.
Buon impegno a tutti/e.
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